Partenza e arrivo: Pian Dei Buoi (m.1812), raggiungibile in auto da Lozzo di Cadore per carrareccia militare (13,8 km). Salita e discesa a orari alternati nei mesi estivi. Ampia possibilità di parcheggio.
Percorso: forcella San Lorenzo (m.2223) - ferrata Amalio Da Prà (EEA)- forcella San Pietro (m.2298) - i Confin (sentiero 472) - rifugio Baion (m.1828) - ritorno per carrareccia militare. Dislivello: circa 550 metri. T indicativo (senza soste) ore 4,30.
PERCORSO. Dedicare una giornata alle Marmarole orientali è un atto dovuto, per chiunque ami la montagna nel suo significato più vero. Analogo giudizio meriterebbe, a nostro parere, anche il gruppo prospiciente di Cridola- Monfalconi- Spalti di Toro. I due gruppi delimitano, a nord e a sud, il Centro Cadore con il suo bel lago (quando è bello…). Sono gruppi montuosi spettacolari tanto quanto sottovalutati. Forse non è un caso. Questa parte di Cadore infatti è quella che più di tutte si è orientata nel dopoguerra alla produzione in senso industriale, con tutto l’indotto dell’occhiale, mettendo in secondo piano la cura del territorio e la promozione turistica. I vantaggi sono stati indubbi, gli effetti collaterali...pure. Ma le montagne restano meravigliose.
Chi sale a Pian dei Buoi se ne può render subito conto. Il panorama è bellissimo a perdita d’occhio, grazie anche a montagne non troppo alte e vallate più aperte. Si spazia dall’Ansiei al Comelico e al Cadore, con un ventaglio di cime da…far girar la testa, come il gruppo del Popera, il Tudaio, le dolomiti d’Oltrepiave. Tra tutte spicca la spettacolare piramide dell’Antelao (foto 1), sullo sfondo dei prati di Baion con annesso rifugio. Le Marmarole richiudono la visuale a nord con il profilo del Ciareido e del Ciastelin, intervallati dalle caratteristiche torri di San Lorenzo e San Pietro (il Pupo di Baion). E’ questa la parte orientale del gruppo, degradante sopra le ghiaie e i pascoli del Pian dei Buoi, i cui ideali punti di osservazione sono i rifugi Ciareido e Baion, ottimi entrambi e in bella posizione. Per le Marmarole occidentali, più impervie e spettacolari, l’ideale punto di osservazione è invece il rifugio Chiggiato.
Attraversato il Pian dei Buoi si incontra un bivio (rifugio Baion a sx e Ciareido a dx) dove parcheggiamo. Prendiamo la stradina che sale verso il rifugio Ciareido (foto 2) e proseguiamo su sentiero 272 fino alla deviazione a sx per forcella/torre di San Lorenzo (foto 3), che si raggiunge per faticosa salita: T 1 ora dal parcheggio. Qui comincia la ferrata Amalio da Prà che attraversa il gruppo del Ciareido sul versante nord (T1,30). Mediamente difficile, è opportuno procedere in sicurezza. Balza subito agli occhi la netta differenza tra i due versanti del monte: piacevole e solatio il primo, aspro e selvaggio il secondo. Da una parte comodi sentieri e bei rifugi, dall’altra una traccia di sentiero, comunque ben visibile e attrezzato con cavi nei tratti più esposti, per cenge e divertenti canalini (foto 4-5-6-7). Grandi silenzi e senso di solitudine regalano suggestioni ormai inconsuete. Qui di turisti ce n’è pochi e il rumore viene dai sassi mossi dai camosci: non è montagna da picnic, questo è certo. La natura è padrona e ci si sente piccoli, come è giusto. Ma la montagna è tante cose insieme: basta volgere lo sguardo sui grandi boschi della val d’Ansiei sottostante, e più su verso i profili spettacolari del Sorapiss, Cristallo, Tre Cime, Cadini, Popera. E si recupera la meraviglia.
Il percorso dopo aver perso inizialmente quota ed aver attraversato alla base le rocce del Ciareido con modesti dislivelli, nell’ultima parte s’ impenna (foto 8) per dirigersi alla forcella (e torre) di San Pietro. Anzi, al Pupo, come da tradizione popolare. Il percorso in roccia è segnalato e attrezzato in modo essenziale ma efficace. I bollini rossi (foto 9) magari si sprecano, ma è meglio così: bisogna tener conto che siamo sul versante dove in poco tempo può rannuvolare e rendere difficoltoso l’orientamento.
Su in alto in prossimità del Pupo la vista è fantastica, sia a ritroso sulle cime a nord (foto10) sia verso le due forcelle e le due torri che ci aspettano, una di seguito all’altra (foto 11-12). Sembra quasi che una annunci l’altra e -noblesse oblige- ad essere annunciato è il Pupo, che svetta (m.2350) sulla forcella San Pietro.
Ferrata Da Prà
IL PUPO. Per noi che veniamo dalla pianura, quando dall’autostrada ci immettiamo nell’Alemagna, il Pupo è il segno che stiamo arrivando in Cadore. Eccolo lassù, il Pupo, tra il Ciareido e il Ciastelin: la favolosa reception del Cadore. Il Pupo, un po’ simbolo, un po’ mito, almeno in questa parte del Cadore. Tanti fattori concorrono: l’ascensione innanzitutto, come una laurea per l’alpinista, con il rituale del rintocco di campana sulla cima a festeggiare l’evento. E la particolare conformazione, con la parte superiore in precario equilibrio sulla cengia mediana, a sfidare la legge di gravità. Ma tanto ha contribuito il nome anzi il nomignolo, confidenziale, perfino affettuoso (quassù anche le persone si riconoscono per nomignoli): e così la torre di San Pietro diventa il Pupo perché in forcella è il piccolo tra i grandi Ciareido e Ciastelin e la forcella è come una culla (cuna, nel dialetto di qua). Non è un’immagine nuova: c’è anche una forcella sotto il Cridola che si chiama proprio così, la Cuna.
Si sa che i miti non nascono solo da buone ragioni: molto lo fa la fantasia, e la lontananza. Ma quando ti avvicini e ci sei sotto, e lo puoi toccare, tutto cambia, inevitabilmente. Così ti accorgi che il Pupo è una torre strapiombante, altro che un pupo. Visto da lassù non è come te l’immaginavi: insomma, non c’è più spazio per la fantasia. Ma siamo fortunati perché la natura compensa, ancora una volta, con un altro bellissimo spettacolo: laggiù nel “canalone” una nebbia sottile avvolge il fondo valle di incredibili sfumature da cui emergono solo i profili dei monti, di valle in valle (foto 13-14). La pianura è oltre, e la puoi solo immaginare. E’ la rivincita della fantasia.
Ora non ci resta che scendere alla prossima meta, passando sotto il Pupo (foto 15) di cui da questo lato è più evidente il miracolo di equilibrio (foto 16). Una traccia di sentiero tra le ghiaie porterebbe verso il rifugio Ciareido, ma noi dobbiamo andare al Baion che già si vede là in basso (foto 17). E allora preferiamo la via diretta tagliando per prati e ghiaie fino a incrociare il sentiero 372 ben visibile al termine della discesa. Ci dirigiamo verso dx sul sentiero che, attraversati piacevolmente i prati dei Confin (foto 18), prende a calare verso il rifugio tra i boschi e qualche scorcio dall’alto sui prati di Baion (foto 19), che si raggiunge in agevole discesa (attenzione in caso di pioggia). T 1-1,15 h dal Pupo.
RIFUGIO BAION. Dopo il bicchiere di benvenuto di Dino il gestore e il commento di cortesia sulla “impresa” di giornata, vale la pena fermarsi e approfondire altri indubbi valori della montagna: la polenta, i funghi, il vino…. e la cucina carnico-cadorina di Lucia, eccellente. E poi c’è Elia, un valore aggiunto, soprattutto se più tardi compare la chitarra e ti regala la sua rivisitazione di Bob Dylan in lingua cadorina. Alla fine si paga al banco con offerta di grappino e qui si apre un’altra fase, quella della socializzazione. Perché si sa che la montagna aiuta, ed anche il grappino. Soprattutto al plurale. Ed è facile allargare la platea perchè al banco ci si deve passare, tutti.
Dino dirige il traffico. E’ uomo sincero, diretto e appassionato: insomma non è uno che il cliente ha sempre ragione, tanto meno in politica. Qui si parla ancora di padroni e classe operaia, per intendersi, e da che parte sta lui lo si capisce in men di un bicchiere. Vado al Baion dal Che Guevara, mi disse una volta un ministro della Repubblica che avevo incrociato sul sentiero. E comunque a Dino e Lucia, la pregiata ditta Nassivera che gestisce il rifugio con tanta passione da più di 20 anni, Baion deve molto, quasi tutto. E non solo il rifugio.
Ma torniamo al banco. Sullo sfondo una fila di grappe alle erbe, bacche e frutti di bosco. Anche alla cicuta, una grappa di tanti anni fa, un’idea furba quando la parola marketing non esisteva ancora. Davanti a una tale offerta è sì consigliabile moderazione, ma dev’essere anche permesso soddisfare qualche curiosità, o no? Ma si sa che un’altra virtù del/dei grappino/i è la semplificazione dei problemi. E’ così che, dopo un po’, spuntano le ricette per salvare l’Italia. D’altronde il luogo si presta ed è storia: è qui che qualche anno fa si sono riuniti in ritiro per diversi giorni i 5 saggi (ehm…) cui era stato assegnato il compito di cambiare la Costituzione….. Non ci sono riusciti loro, mi sa che l’Italia non la salviamo nemmeno noi…. Anche perché è tardi, e bisogna pensare alla discesa con orario alternato, e tornare al Pian dei Buoi.
Prima però qualche foto intorno al rifugio, perché il luogo è molto piacevole e panoramico. Il rifugio: è stato inaugurato nel 1971. Prima era una malga, e si vede, perché se ne è preservata la struttura, comunque ben curata e abbellita in tanti particolari: le aiuole con la magnifica Regina delle Alpi (foto 20-21), le finestre coi bei geranei e le tendine di pizzo (foto 22-23), le sculture in legno tra cui un suggestivo Crocefisso sul dosso ben sfalciato…. Apprezziamo i particolari, ma la vista corre ancora allo splendido panorama tutt’intorno e al Pupo che nel frattempo, da lontano e dal basso, è tornato a essere il Pupo (foto 24-25-26).
Alla fine ci incamminiamo per la stradina sterrata che attraversa il bel bosco di pini e larici in parallelo con le Marmarole di cui s’intravvede qualche scorcio (foto 27), e arriviamo al Pian dei Buoi dove abbiamo parcheggiato (45’). Di qui la discesa a Lozzo.