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Distanza: kilometer
Elevazione (min): meter
Elevazione (max): meter

Programma:

  • parcheggio e partenza dal rifugio LUNELLI (m.1568)
  • rifugio BERTI (m.1950) - 1 h
  • passo della SENTINELLA (m. 2717), per lago di Popera - 2,30 h - EE nell’ultimo tratto
  • ritorno al rif. Lunelli- h 2,30- h 6 (andata e ritorno)

E’ un programma semplice ma ricco di contenuti, con andata e ritorno per il famoso SENTIERO 101 che poi, dopo il passo della Sentinella, diventerà Strada degli Alpini. E’ un classico cui ci si appresta sempre con rispetto ed emozione, per l’ambiente grandioso e una storia che merita di essere ricordata.  A questa storia appartengono ormai di diritto anche i due rifugi.

I RIFUGI LUNELLI E BERTI.  

Già i nomi dei rifugi sono significativi, in relazione alla giornata che ci aspetta. Italo Lunelli infatti è stato un protagonista della conquista del passo della Sentinella, l’impresa di guerra più significativa su queste montagne. E Antonio Berti è chi ce le ha fatte conoscere, con le sue Guide che sono diventate la nostra guida, ai luoghi e alla storia come questa. Spesso i due rifugi vengono accomunati, per la posizione sullo stesso versante del Popera, il Lunelli alla base del Creston, il Berti sul ciglio superiore, davanti al vallon Popera. E li accomuna anche la gestione: Rosalia (Lunelli) e Bruno (Berti) sono i figli di Bepi Martini, “Bepi del Popera”, di cui parleremo dopo….

Il sentiero 101 comincia poco oltre il rifugio Lunelli, sul prato di Selvapiana, al termine della val Grande (1) Più che un sentiero, all’inizio è una stradina sassosa che s’inoltra nel bosco fino al torrente Risena (2). Superatolo, inizia la salita che ci porterà sopra lo spalto roccioso del Creston dove già si intravvede il profilo del rifugio Berti. Si sale per ampi tornanti abbastanza faticosi (quasi 400 mt.) ma divertenti, ai piedi dei Campanili di Popera e le Guglie di Stallata, tra cascatelle e spruzzi d’acqua che si ricompongono più a valle  (3-5). In un’ora siamo al rifugio che merita sicuramente il passaggio (si può anche aggirare) per la vista straordinaria che di lì si apre sul vallon Popera e l’anfiteatro roccioso di Popera, Croda Rossa, Colesei e Creston.  Al centro del quadro, a interrompere lo straordinario profilo delle cime, al termine di un canalone di ghiaie bianchissime, c’è il passo della Sentinella. Prenderà la scena per tutta la giornata, noblesse oblige. Oggi il passo divide il Popera dalla Croda Rossa, il Comelico dalla Pusteria. Una volta il regno d’Italia dall’impero austro-ungarico: una posizione strategica fonte di tanti guai….(6-7)

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    il gruppo del Popera, oltre la foresta di Selvapiana

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    la salita dal rifugio Lunelli al Berti sul sentiero 101

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    foto di gruppo: Campanili di Popera e Guglie di Stallata

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    cascata….

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    …. e cascatelle

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    il passo della Sentinella, lassù in cima al ghiaione (dal rifugio Berti)

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    il Vallon Popera con i gruppi di Popera (a sx) e Croda Rossa (di fronte)


IL VALLON POPERA.

Fatto l’opportuno rabbocco di energie (leggasi strudel) si riprende il cammino, direzione lago Popera, per un sentiero tra sassi e rododendri che nella stagione della fioritura è un tripudio di colori. Tutt’intorno, ovunque giri lo sguardo, una cornice meravigliosa di crode e campanili (8-12). Il salto di una cascata (13) annuncia il laghetto che sta appena sopra, un piccolo specchio d’acqua in cui si riflettono solo lievemente increspati i profili di Popera e Croda Rossa. Un’immagine suggestiva e simbolica di pace ritrovata su quei monti violati da tre lunghi anni di guerra (14-15).

Lasciato il laghetto si riparte tagliando le ghiaie sotto i torrioni della Croda Rossa verso la piazzola dell’elisoccorso (16-18) dove il sentiero prende decisamente a dx il lungo pendio che porta al Passo. Si risale sul crinale morenico testimonianza del ghiacciaio (19-20) che, in fase di disgelo, ci ha restituito il corpo pressoché integro e i pochi effetti personali (conservati al Lunelli) di un soldato della guerra 1915-18.  Diventerà l’Alpino del Popera, simbolo del sacrificio di tanti giovani, tra questi sassi che per loro erano la Patria. Qui si ricorda ancora la presenza del presidente Pertini, commosso, alla sua tumulazione nel cimitero militare di Santo Stefano di Cadore, il 13 agosto del 1983.

Ora, dove stava il ghiacciaio, rimangono solo nevai a chiazze. Si procede con più fatica su fondo sassoso instabile e tracce precarie. Passato il Sasso Fuoco, dove il ghiaione si restringe, conviene puntare verso la parete a dx e salire radenti la roccia e le sue cavernette (21-22). Ora si entra davvero in quello che è stato il teatro di guerra. Alla bellezza delle montagne si aggiunge la suggestione della storia.  

Superata la deviazione a dx per la ferrata Zandonella (23) al passo non manca molto, l’ultimo strappo, il più ripido. Ripensiamo a quante volte passando per il Comelico, lo sguardo all’insù, abbiamo immaginato d’esser qui e quasi avvertiamo un senso di soggezione, ai piedi di quel passo chiuso tra pareti strapiombanti e quel campanile che sembra far da sentinella (nomen omen) sulle vallate sottostanti. Ora ci siamo (24).

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    uno spettacolo di crode, con nuvola

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    il cielo sopra le crode

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    camminare tra sassi e rododendri, il gruppo della Croda Rossa

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    un giardino d’alta quota

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    luci e ombre sui canaloni del Popera, in alto -illuminata- Cima Undici (nord e sud)

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    la cascata che anticipa il laghetto

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    il gruppo del Popera: in alto monte Popera, Cresta Zsigmondy, Cima Undici, più sotto Punta Rivetti e ghiacciaio Pensile

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    biodiversità a 2142 metri

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    dal lago verso il canalone della Sentinella

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    sotto i torrioni della Croda Rossa

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    la piazzola per l’elisoccorso

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    resti di postazioni di guerra sul bordo del (non più) ghiacciaio, dove fu ritrovato il corpo dell’Alpino del Popera

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    la dorsale morenica del ghiacciaio Alto di Popera, ora nevaio

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    verso la Sentinella, il sentiero alto a dx, sotto la parete

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    passaggi alla base della Croda Rossa

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    la deviazione per la ferrata Zandonella

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    ai piedi del Passo, il campanile a far da Sentinella


IL PASSO DELLA SENTINELLA. LA STORIA.

Per gli Standschutzen austriaci sulla Croda Rossa e i nostri Alpini sul Popera quel passo aveva assunto un grande valore strategico. Non era stato così nel periodo iniziale della guerra, quando l’occupazione aveva avuto carattere occasionale, per gli uni e per gli altri. Significativo che nel periodo della nostra occupazione gli uomini la sera rientrassero alla baracca di comando sul Creston Popera o addirittura a casa (quelli di Comelico e Cadore) per risalire all’alba. La svolta fu la mattina del 4 luglio 1915 quando gli alpini vengono respinti dal nemico in armi: la vera guerra in Popera comincia qui. I primi tentativi di riprendersi il Passo, portati dal basso e allo scoperto, vengono facilmente rintuzzati. Occorre una strategia diversa.

Il comando viene affidato al capitano Giovanni Sala, cadorino di Borca: l’idea è di arrivare al Passo dall’alto, scendendo dalla Cima Undici di sorpresa. Un progetto ardito, per uomini speciali. Vengono scelti uomini di provata capacità alpinistica, preferibilmente del luogo. Questi sono duri e tenaci, di poche parole ma di grande affidabilità e coraggio. Gente di montagna insomma. Lui li chiama mascabroni. Non si sa bene quale sia l’origine del nome né il suo significato, forse tutto questo. Ma altro ancora. Una breve ricerca sull’etimologia del nome infatti ci riporta allo spagnolo (il ladino cadorino è ricco di contaminazioni linguistiche): si dice “mas cabrones” di uomini pronti a tutto, senza troppi scrupoli. Anche peggio per la verità, ma è sufficiente questo. E non sorprende, siamo in guerra! Per il casting del capitano Sala, per vincere non basta essere bravi montanari, si dev’essere anche mascabroni. Almeno un po’.

Ai preparativi viene dedicato l’inverno 1915-16. Un inverno di freddo (anche più di 40 sottozero), gelo e tanta neve (7 metri di media). Uno scenario estremo ma ideale per un attacco a sorpresa. La neve infatti ha il potere di compattare ghiaie e rocce altrimenti friabili e instabili, in più attutisce i rumori. In quel contesto invernale impressionante, a 3000 metri, occorreva creare le condizioni logistiche -vie, collegamenti, baraccamenti- occupando tutte le forcelle attorno a Cima Undici, per arrivare a quelle (Da Col e Dal Canton) con vista sul passo. Da qui, da sopra, doveva partire l’attacco sfruttando il fattore sorpresa.

E’ stato un lavoro incredibile dal punto di vista alpinistico prima ancora che militare, d’inverno (quell’inverno) e prevalentemente di notte per non farsi scoprire. Un’impresa nell’impresa, per crode, forcelle e ripidissimi canaloni dove l’unico rumore lo fanno le slavine. Come il canalone Schuster, uno dei più utilizzati per il collegamento con il vallon Popera sottostante, non a caso detto “l’omicida” per la pessima reputazione guadagnata in particolare nell’inverno successivo 1916-17, quello delle morti bianche. Insomma, roba da mascabroni.

Il resto è diventato storia, e poi leggenda. Di cui restano diverse testimonianze, come la baracca alla Mensola -la terrazza sotto Cima Undici- ricostruita nello stesso luogo dopo la guerra come bivacco. Non dev’essere stato difficile trovargli il nome: MASCABRONI. E’ rimasto lo scenario, davvero impressionante (foto 25), anche se mancano i metri di neve di quell’inverno ….

LA CONQUISTA DEL PASSO, I MASCABRONI

La notte del 16 aprile scatta il piano d’attacco: una pattuglia di alpini guidati dall’irredentista aspirante ufficiale Italo Lunelli sale a occupare il Pianoro del Dito, alla base della Croda Rossa, a picco sul passo, mentre in basso, dal Vallon Popera, si prepara con la sua pattuglia il ten. Martini. Al segnale convenuto (un razzo sparato sul Sasso Fuoco) le tre pattuglie convergono sul Passo, Lunelli calandosi dal Dito, Martini salendo dal Vallone e i Mascabroni scivolando da Cima Undici. Austriaci in fuga o fatti prigionieri, il passo conquistato, una grande impresa, militare e alpinistica. Spettacolare, se non fosse guerra. Così la riconosce anche l’ufficiale austriaco Unterkreuter che seguiva col binocolo dalla val Fiscalina e dirà “come soldato è dolorosa la catastrofe, ma quale alpinista ho goduto lo spettacolo magnifico di quegli uomini, tutti vestiti di bianco, una catena vivente che si precipitava per corde nel ripido canalone fin giù alla Sentinella”.  Nelle foto 25-27 la postazione dei mascabroni e la ricostruzione delle vie d’attacco.

E’ stato questo l’episodio più significativo di oltre 2 anni di guerra sulle Dolomiti di Sesto, una dimostrazione straordinaria di coraggio e ardimento, capacità e intelligenza tattica, con pochissime vittime, oltre tutto, da una parte e dall’altra. Un’impresa di cui andare orgogliosi. Una delle poche, ahimè, in quella sciagurata guerra. Un’impresa inutile, perché dopo non succederà più nulla di rilevante - pur tra attacchi e contrattacchi- per spostare gli equilibri: gli austriaci sulla Croda Rossa, gli italiani sul Popera. Consolidati i presidi, consolidate le posizioni, fino all’ingloriosa ritirata dal fronte dolomitico. Dopo sarà solo silenzio, ammutolito anche il cannone, quello che “sparava dalle stelle”, incredibilmente arrivato fin quassù.

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    Cima Undici dalla Strada degli Alpini: sulla terrazza in alto a dx il bivacco Mascabroni (un puntino bianco, a guardar bene)

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    ricostruzione del piano d’attacco (da Internet)

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    le vie di discesa dei Mascabroni (idem)

AL PASSO

Da allora il passo è diventato meta di tanti che salgono a ricordare e rendere omaggio, a lasciare nella roccia le loro dediche. Tra queste la Madonnina del Dito, venerata dai valligiani, trafugata durante la guerra, rifatta dopo e rimessa al suo posto. Ma resta soprattutto un crocevia - surreale a queste altezze - di gente che scende (da Cima Undici e da Croda Rossa) e che sale (da Vallon Popera e da val Fiscalina), che va e che viene dalle ferrate che convergono al passo (28-31).

Qui non bastano parole e foto (32-33) a descrivere la severità dell’ambiente, la grandiosità delle montagne incombenti, la suggestione di uno scenario del tutto identico ad allora: la stessa vista, le stesse pietre, i camminamenti, le vie, e quel buco nella roccia alla base della Sentinella dove sono passati -di qua il Regno d’Italia di là l’Impero Austro ungarico- uomini in guerra anche loro forse attenti a non batter la testa. Proprio come noi oggi, solo che di qua è Comelico, di là Pusteria…. Tutto diverso.

Eppur tutto uguale, anche i sassi che vengono giù ingrossando i ghiaioni. Come quelli che sentiamo scaricare da Cima Undici, anticipati da un fragore impressionante, e per fortuna si fermano a pochi metri sotto il passo. Analogie….vien da pensare ai mascabroni. Che non devono aver fatto una via molto diversa da quella, verticale, dei sassi. Se sono effetti speciali per indicarcela, complimenti alla regia!

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    strapiombi di Croda Rossa sul passo

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    incrocio d’alta quota con segnaletica

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    gente che va gente che viene

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    in arrivo dal versante nord di Cime Undici, la punta dei tre Scarperi sullo sfondo

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    il passo della Sentinella dal versante della val Fiscalina

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    il versante ovest della Croda Rossa, sullo sfondo prati e boschi di Sesto in Pusteria

LA STRADA DEGLI ALPINI

Se il passo è per definizione un luogo di passaggio, molte sarebbero le opzioni a partire dal Passo, con  adeguata e diversa programmazione.  Tra queste merita una citazione per contiguità ambientale e storica la Strada degli Alpini, che è il proseguimento del sentiero 101 (34- 43, foto di una precedente escursione).

E’ questo uno dei tracciati storici della grande guerra, dalla forcella Giralba (sopra Auronzo) alla forcella di Cima Undici, sul versante occidentale del Popera. Doveva consentire di arrivare dal Cadore in territorio nemico senza passare per il Comelico; nello stesso tempo doveva servire d’appoggio alle postazioni su Cima Undici, in preparazione dell’attacco alla Sentinella. Dopo la guerra è stato completato in funzione alpinistica ed escursionistica attrezzando il versante nord fino al passo della Sentinella, collegando così il Vallon Popera alla val Fiscalina con una delle vie ferrate più interessanti e spettacolari delle Dolomiti.

Il percorso si caratterizza per una lunga traversata in cengia -la famosa Cengia della Salvezza- tagliando le pareti strapiombanti del Popera per poi risalire le pendici ghiaiose dove è ben visibile (foto 39) l’impressionante cresta di campanili e forcelle occupate dagli Alpini nell’inverno 1916 in preparazione dell’attacco alla Sentinella. Giunti in forcella -dove è anche possibile uscire dal percorso e scendere in val Fiscalina- si cambia direzione per attraversare il versante nord di Cima Undici: è il tratto più difficile (EEA) della Strada degli Alpini, fino al passo della Sentinella.

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    la storica Cengia della Salvezza sulla Strada degli Alpini

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    l’impressionante intaglio a croce nella parete rocciosa: verticale il camino, orizzontale la cengia

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    ombre cinesi, dall’interno del camino

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    un emozionante dentro e fuori

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    la Busa di Fuori. Al centro in alto è il bivacco Mascabroni (un puntino bianco…)

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    la traversata sulle pendici ovest di Cima Undici

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    alla forcella di cima Undici, il sorriso di Micol.

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    si aggira la base della cima Undici, con vista sulla Croda Rossa illuminata

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    il versante nord di Cima Undici, lo splendido profilo di Croda Rossa, pianoro del Dito, torre della Sentinella

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    l’ultimo tratto, risalendo per corde fisse fino al passo della Sentinella

 SENTIERO 101. IL RITORNO

Torniamo alla realtà, riprendendo il sentiero 101, a ritroso.  Spesso in montagna vale la pena rifare lo stesso percorso, la montagna non è mai uguale. Sarà per la maggior consapevolezza, sarà per la luce che è cambiata, e con la luce anche le dolomiti, ancora più belle. Sensazioni nuove, altre foto (da 44 a 52) . Fino all’ultimo sole, sui monti del Comelico: Cavallino, Pitturina, Longerin (53-54).

Al rifugio Lunelli ci accoglie il sorriso di Rosalia. Giusto lei, la figlia di Bepi Martini, un altro uomo di quelli che hanno fatto la storia di questi luoghi. Bepi è un nome tanto comune da queste parti che ha bisogno di una specifica: così lui è diventato Bepi del Popera, giustamente. Guida alpina, rifugista della prima ora -il rifugio Selvapiana poi intitolato a Lunelli- in ultimo presidente di sezione CAI. Un grande personaggio, che in questo gruppo ha aperto numerose vie. Piace ricordare quelle -fatte in un solo giorno- sopra il canalone Schuster con il proposito di dedicare le cime e i campanilli agli amici scomparsi. E’ così che da quel giorno chi passa di qua ricorda Gera e Mazzetta, Ribul e Mina, altri grandi alpinisti del Popera.  Ora è toccata a lui la dedica, meritata, con l’apertura sui Colesei della ferrata Bepi Martini.

Fotografie all’ingresso del rifugio testimoniano che di qui è passato anche Papa Woitila, in una delle sue vacanze in Cadore. Raccontano le cronache che alla fine abbia voluto appartarsi proprio con lui, Bepi, loro due soli. E pare che nessuno, neanche in famiglia, sappia quel che si sono detti. Incredibile. Uomini di montagna, appunto.

E’ il momento più atteso, quando si ritrova una panca, dopo la fatica (55). Una birra subito… poi il resto. Sopra si stagliano i profili dei Campanili, Guglie di Stallata e Fulmini di Popera. In passerella, mentre cala il sipario.

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    la discesa verso il Sasso Fuoco

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    giochi di luce e ombre alle pendici della Croda Rossa

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    cavernette con vista: cima Bagni, cima e monte Popera

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    oltre il ghiaione il vallon Popera: sul ciglio il rifugio Berti, sullo sfondo prati, boschi e paesi del Comelico

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    i canaloni del Popera, come il famoso Schuster, una pericolosa scivolata (d’inverno, in guerra) da cima e monte Popera attraverso il ghiacciaio Pensile

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    Cima Bagni e Cima Popera (la bifida)

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    scendendo dal laghetto, sotto i Campanili e i Fulmini di Popera

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    Campanili, Guglie di Stallata e Fulmini

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    il rifugio Berti, ombre lunghe sui Campanili

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    l’ultimo sole sulle cime del Comelico: Cavallino, Pitturina e Longerin

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    (tele) obiettivo sui Longerin

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    chiusura in bellezza, al rifugio Lunelli


 

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